OTTOBRE 2022 SPIGOLATURE A cura di Livio Carati
Già dall’inizio del 2021 il prezzo del gas naturale ha cominciato a subire forti aumenti sia a causa della ripresa post-Covid, che delle politiche di transizione energetica , che hanno portato ad un aumento della domanda di quello che è considerato il combustibile fossile di transizione verso il nuovo paradigma delle energie rinnovabili, volto a sostituire le fonti energetiche fossili più inquinanti come carbone e petrolio. Aggiungiamo a questo che la guerra in Ucraina, a partire dal febbraio di quest’anno, ha provocato a più riprese ulteriori aumenti del prezzo del gas naturale. In questo complesso scenario, gli elevati prezzi del gas naturale in Europa in questi ultimi mesi sono diventati per le imprese e le famiglie una voce di costo sempre più onerosa con il rischio di diventare insostenibile, in assenza di adeguati interventi centrali. Pertanto, sia a livello nazionale che europeo, i diversi governi hanno intrapreso misure volte a contenere l’aumento dei prezzi, prevedendo sia una riduzione dei consumi, sia una differenziazione dei paesi fornitori (al fine di ridurre la dipendenza dalla Russia), oltre che ad un mix energetico meno dipendente dal gas naturale. La situazione geopolitica recente ha perciò sicuramente innescato il peggioramento di uno scenario già problematico; ma l’andamento anomalo dei prezzi, sia in salita sia in discesa, cui stiamo assistendo in questi ultimi mesi, non può essere spiegato solo con l’aumentato fabbisogno/richiesta a fronte di una minore disponibilità/offerta del gas naturale. Un ruolo determinante è senza dubbio giocato dalla speculazione finanziaria. Arena protagonista di questa battaglia dei prezzi è la Borsa di Amsterdam, che appare agire al di fuori di ogni controllo centrale: sia nazionale che europeo. Unica regola è la speculazione: è l’eterna altalena che arricchisce pochi grandi speculatori e impoverisce le fasce della società e i Paesi più deboli. A questo proposito vale la pena osservare come questi fenomeni sono già accaduti nella storia. Senza chiamare in causa la Teoria dei Corsi e Ricorsi Storici di Gianbattista Vico, per cui alcuni accadimenti si ripetono con le stesse modalità anche a distanza di tempo non per puro caso, ma secondo un preciso disegno razionale, basta studiare il passato per capire come queste situazioni, risultato della legge naturale di azione e reazione, siano validi in tutte le vicende umane e quindi anche in Economia. E non necessariamente questi fenomeni hanno avuto in passato come oggetto beni di prima necessità, come nel caso attuale dei combustibili energetici. La prima bolla speculativa documentata, ha infatti come insolito protagonista un fiore: il tulipano, conosciuto come “il fiore che fece impazzire gli uomini”. Ironia della sorte, anche in questo caso protagonista è la Borsa di Amsterdam. I tulipani, il cui nome deriva dal turco «tullband», che significa copricapo, turbante, furono introdotti in Europa nel 1554 dal fiammingo Ogier Ghislain de Busbecq che ne spedì alcuni bulbi al botanico, responsabile dei giardini reali olandesi. Diversi da ogni altro fiore conosciuto, eleganti nella forma, dai colori intensi, ebbero subito un grande successo. Nel 1593 iniziò la loro coltivazione a larga scala nei Paesi Bassi e ben presto il tulipano divenne uno status symbol, un lusso da sfoggiare, dal prezzo in costante e vertiginosa ascesa, tanto da portare i prezzi di un singolo bulbo a costare quanto 10 anni di lavoro di un abile artigiano. Nella prima metà del XVII secolo le quotazioni dei bulbi di tulipano raggiunsero picchi di prezzo incredibilmente alti; tutti volevano comperare tulipani per soddisfare la loro vanità, ma soprattutto per l’aspettativa di un grande ritorno economico. Così i bulbi aumentavano di prezzo vorticosamente cambiando ripetutamente possessore. Tanto per farsi un’idea, il reddito medio di un lavoratore comune era di circa 150 fiorini annui, un artigiano specializzato arrivava a 250 fiorini all’anno. I prezzi salivano senza sosta, alimentati nella loro crescita dai numerosi nuovi partecipanti all’euforia collettiva che aveva colpito sia gli speculatori che la gente comune. Ai tulipani venivano dati i nomi più altisonanti, Viceré, Generale, Ammiraglio o nomi evocativi come Alessandro Magno o Scipione. Molti divennero improvvisamente ricchi. Nessuno voleva perdere l’affare del secolo. Ciascuno era convinto che la passione per i tulipani sarebbe durata per sempre e che i ricchi di ogni parte del mondo avrebbero trasmesso i loro ordini in Olanda e avrebbero pagato qualsiasi prezzo fosse stato loro chiesto. Persone di ogni ceto convertirono le loro proprietà in contante per investirlo in fiori. Case e terre erano offerte in vendita a prezzi rovinosamente bassi o dati in pagamento di contratti conclusi al mercato dei tulipani. Gli stranieri furono colpiti dalla stessa frenesia e il denaro affluì in quella terra da tutte le direzioni. I prezzi dei beni di prima necessità salirono gradualmente e con loro crebbero di valore anche case, terre e beni di lusso di ogni genere. La crescita dei prezzi sembrava inarrestabile, tutti erano contagiati dalla mania dei tulipani e quando mancava il denaro lo si prendeva a prestito. La satira, presente anche all’epoca, ci ha lasciato delle testimonianze emblematiche. Nel quadro di Jan Bruegel il Giovane, del 1640, gli “investitori” in tulipani sono rappresentati come scimmie vestite con abiti lussuosi, piene di denaro ma senza cervello, destinati a essere preda delle loro stesse aspettative irrealistiche. La cosa curiosa del commercio di tulipani dell’epoca è che, materialmente, quasi nessuno li vedeva, si comperava e vendeva solo il diritto a possederli. Venivano acquistati davanti a un notaio in una primitiva forma di contratto futures dove, a differenza di un mercato reale, veniva consegnato solo il diritto su un bulbo di Tulipano in una data futura e ogni singolo contratto veniva comperato e venduto diverse volte. Le operazioni commerciali divennero così vaste e intricate che si rese necessario redigere un codice di leggi per regolare l’attività degli operatori. Ma nubi tempestose erano all’orizzonte; nel 1637 le autorità, sperando di calmierare il mercato, decisero che il riscatto dei contratti a scadenza non fosse più un “obbligo”, ma solo un “opzione”, cioè che si potesse decidere di non acquistare più al prezzo di mercato, pagando solo la differenza o una piccola penale. Qualcuno allora iniziò a vendere senza riacquistare, trovando con sempre maggiore difficoltà compratori disposti ad acquistare. Così le vendite generarono dapprima nervosismo, poi timore e infine panico: la bolla scoppiò e i prezzi crollarono del 90% in pochissimo tempo, creando il panico isterico tra gli investitori e rovinando molti incauti compratori che avevano acquistato dando in garanzia proprietà immobiliari. Una vera e propria mania di massa aveva contagiato un gran numero di persone che, incapaci di comprendere ciò che era successo, ricercarono inutilmente dei colpevoli. Tornando ai nostri giorni, siamo consapevoli che il mercato del gas naturale , il cui valore intrinseco come risorsa naturale da un lato e come fonte energetica essenziale dall’altro, non è , per la sua intrinseca natura e per le sue dinamiche, paragonabile all’aneddoto storico sopra ricordato ; ma cogliamo l’occasione per auspicare che, appena le circostanze geopolitiche ed economiche lo consentiranno, questa risorsa energetica essenziale tornerà ad essere oggetto di eque transazioni commerciali e non più di selvaggia speculazione finanziaria, fino a quando energie alternative, a più basso costo e da fonti rinnovabili e inesauribili , come il sole o il vento, saranno una realtà disponibile per tutti. Ma questa è tutta un’altra storia.